Inventario del Fondo Notai Antichi

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Introduzione

1. Fortuna storiografica e interventi archivistici

2. I fondi notarili dell'Archivio di Stato di Genova

3. Il progetto di inventariazione

4. la scheda descrittiva

5. Lo sviluppo del progetto

6. Il riversamento dei dati in Arianna3 e AriannaWeb

Credits

Consulta l'inventario

Introduzione

1. Fortuna storiografica e interventi archivistici

Nel 1956, a coronamento di un lavoro decennale, Giorgio Costamagna dava alle stampe la prima parte del suo inventario dei cartolari notarili[1]. Fu, per l’Archivio di Stato di Genova e per tutti gli storici del medioevo, un evento importante. Genova infatti custodisce l’archivio notarile più antico del mondo[2]. Possiede il più antico registro notarile esistente, il celebre cartolare di Giovanni Scriba, che inizia nel 1154 ed unici al mondo, insieme a due savonesi, sono anche gli altri sette cartolari del dodicesimo secolo. Con i suoi 150 registri del Duecento Genova supera da sola il totale di quelli conservati nel resto d'Europa. Le unità trecentesche sono circa 450, oltre mille quelle del Quattrocento. Ma non ci sono solo i numeri: lascia sbalorditi la varietà degli atti. Una grande storica, Renée Doehaerd, ha osservato che mentre nelle altre città italiane i piccoli accordi della vita quotidiana si facevano oralmente, a Genova i grandi mercanti non si rivolgevano al notaio solo per i loro traffici internazionali, ma anche per dare forma scritta alle più piccole transazioni economiche e alle più intime questioni private, con le loro mogli, i loro figli, i loro amici, i loro schiavi[3]. E poi colpisce l’ampiezza, che non ha eguali, degli orizzonti geografici: ovunque, in ogni angolo del mondo conosciuto, si siano spinti i genovesi, lì li hanno seguiti i loro notai, dall’Inghilterra alle Fiandre, dalla Spagna al Maghreb, dal Levante al Mar Nero. A queste doti ha fatto riscontro un’imponente tradizione di studi. Mi è capitato di scrivere che «nell'immaginario storiografico sul Medioevo Genova è i notai, almeno quanto Venezia è le navi e la Toscana le banche»[4]. Non stupisce infatti che un archivio così antico e di così straordinaria versatilità, che oltretutto custodisce quasi la sola fonte rimastaci per la storia genovese sino alla metà del XIV secolo, rappresenti, da oltre un secolo, un punto di riferimento per i medievisti del mondo intero: dal 1881, data dei primi studi di Cornelio Desimoni, il fiume non si è più arrestato. Per primi, negli anni Dieci del Novecento, giunsero gli statunitensi, dando origine ad una “scuola” americana che perdura ancor oggi. Poi fu la volta dei francesi, dei monumentali lavori dei belgi, delle memorabili ricerche dei rumeni, dei russi, dei bulgari.

A questa imponente tradizione storiografica, che fa sì che tuttora su questo archivio si concentri un altissimo numero di richieste di consultazione da parte di un pubblico internazionale, non aveva però fatto riscontro alcuna cura in campo archivistico. Quando Costamagna pubblica il suo inventario l’unico strumento di consultazione a disposizione dei ricercatori per il fondo Notai antichi[5] era ancora la gloriosa “Pandetta 26”[6], manoscritta e datata 1884. È un inventario sommario che elenca i notai in ordine cronologico, con i nomi italianizzati per il medioevo, a partire dall’unità contenente l’atto più antico. Ad essa seguono, sempre in ordine cronologico, tutte le unità attribuite al medesimo notaio per proseguire poi con il notaio il cui primo atto è immediatamente successivo al primo atto del precedente. Una rubrica fornisce i nomi dei notai in ordine alfabetico. Si tratta di uno strumento assai povero: gli estremi cronologici delle unità si limitano all’indicazione degli anni, anche per quei notai che hanno più unità per uno stesso anno; lacunose sono le informazioni sulle specifiche tipologie di atti (sostanzialmente sono indicati solo testamenti ed estimi); quasi del tutto assenti i dati sulla datazione topica. La povertà degli elementi tradisce le modalità con cui, a partire dal 1825, data del versamento all’Archivio di Stato dell’archivio dell’antico Collegio dei notai, furono effettuati il ricondizionamento, la risistemazione e l’inventariazione dei notai, limitandosi in pratica a copiare gli elementi identificativi che si trovavano sui dorsi dei registri e sui frontalini delle filze, senza alcun controllo interno delle unità[7]. Ma non era questo il punto: pur nella sua laconicità, a partire dall’età moderna la Pandetta 26 è comunque utilizzabile perché i suoi dati sono sostanzialmente attendibili. Il problema era il medioevo: per questo periodo, che contiene la parte forse più preziosa del fondo, i pezzi non sono costituiti dalle unità originarie, ma dall’assemblaggio caotico di fascicoli, frammenti, spezzoni provenienti da unità originarie diverse, di svariati notai, di anni diversi e spesso assai lontani, giustapposti e legati assieme a formare unità fittizie attribuite ad un unico notaio, autore quasi sempre di una parte, spesso minima degli atti. Questo nome figura sulla Pandetta 26 che per il medioevo risulta quindi non solo totalmente inattendibile ma addirittura fuorviante. La responsabilità di questo disordine è tradizionalmente attribuita al borbardamento francese del 1684 che colpì in pieno l’archivum vetus del Collegio dei notai dove erano riposti i pezzi più antichi, ma ho avuto occasione di sottolineare che esso non fu l’unico evento traumatico subito dall’archivio perché gravi perdite, dispersioni e disordini si erano verificati già in precedenza, soprattutto nel corso dell’agitato Quattrocento genovese. Una relazione del 6 ottobre 1492 dei rettori del Collegio ci parla di gruppi armati che, durante scontri tra opposte fazioni, databili attorno al 1479-80, erano penetrati nell’archivio «scripturas partim comburentes et vere magnam summam partim lacerantes et diffilsantes partimque distrahentes et exportantes extra locum ipsum»[8]. Dove va osservato che i termini usati, “lacerati”, “defilzati”, descrivono perfettamente gli smembramenti e i disordini che ancor oggi riscontriamo nei registri e nelle filze medievali. Va detto però che il bombardamento del 1684 fu senza dubbio il disastro più devastante subito dall’archivio nel corso della sua storia, con crolli di soffitti e di muri che trascinarono con sé le scaffalature e il loro contenuto[9], tanto che i duo iuvenes incaricati dai rettori del Collegio di risistemarlo scrissero che «l’archivio vechio (…) era tutto confuso»[10]. E va detto soprattutto che «i cartulari e le filze coinvolte nel crollo del 1684 sono giunte a noi nello stato di condizionamento e di accomodamento messo in opera dai due giovani di allora»[11]. Come abbiano lavorato lo si vede dallo stato in cui abbiamo ritrovato i pezzi ed è stato riassunto con grande efficacia da Marco Bologna: «Ignoranti dunque; alle prese con materiale che (…) non riescono quasi a leggere; all’oscuro di ogni criterio od anche semplice espediente archivistico; (…) pare veramente di poter dire che i due iuvenes abbiano fatto fin troppo. Non hanno certo lavorato bene , ma secondo i nostri attuali metodi e principi; secondo i loro ordinare significava collocare a scaffale, nella “scanzia” opportuna il pezzo (…) debitamente accomodato con alette o corda (…). Nomi di notai? Ne basta uno, probabile e verosimile, per tutte le carte legate assieme nello stesso nuovo cartulare, anche se è chiaro come il sole che sono state rogate da dieci notai diversi in un arco di tempo di cinquanta anni»[12].

Di fronte a questa situazione è evidente che il fine fondamentale che Costamagna si propose e oggetto principale del suo inventario fu quello di individuare i reali rogatari degli atti. Rinunciato, soprattutto per motivi tecnici e logistici, ad effettuare il riordino fisico delle carte che avrebbe comportato la scucitura di oltre 500 registri, si trattava di elaborare un inventario analitico che mostrasse la composizione di ogni singolo cartolare elencando, nell’ordine in cui si trovava, ogni singolo frammento corredato dagli estremi cronologici e dal nome del reale rogatario. Un secondo inventario per notaio, ordinato alfabeticamente per nome di battesimo con i nomi in latino, forniva il riordinamento virtuale e dava finalmente il quadro di tutti gli atti che ci sono giunti di quel notaio. Infine gli inventari erano corredati da due indici, rispettivamente per anno e per luogo e sito di rogazione. Il secondo inventario e gli indici occupano la seconda parte dell’opera, pubblicata nel 1961[13] con cui Costamagna completava il primo inventario redatto con metodo scientifico dei cartolari notarili. Il suo lavoro però è relativo solo ai primi 149 numeri della prima sezione dei Notai antichi, tradizionalmente nota come “cartolari notarili medievali”, che contiene i primi 515 numeri del fondo e che comprende tutti i notai il cui anno di inizio di attività ricade entro la fine del XIV secolo, cioè finché il notaio genovese ha redatto l’imbreviatura su registro. Va precisato però che questa prima sezione non contiene 515 unità, ma ben 593 cartolari: i numeri di corda e quelli delle unità non coincidono perché in molti casi sotto uno stesso numero sono inventariati due registri, distinti dall’annotazione I e II. Costamagna infatti, con i numeri 1-149, ci consegna l’inventario dei primi 172 cartolari.

Era evidente in ogni caso che il suo lavoro andava proseguito. Nel 1990 Marco Bologna pubblicò il secondo volume che comprendeva i pezzi dal numero 150 al 299, inventariando altre 171 unità e portandone il totale a 343[14]. Per completare la serie dei cartolari e arrivare al numero 515 mancavano all’appello ancora 250 unità.

È ciò che mi ero ripromesso di fare nel 2001: i tempi erano maturi perché si stava completando il lavoro preliminare di informatizzazione e di prima revisione della Pandetta 26. Il progetto che avevo immaginato in realtà era più ambizioso e in esso la Pandetta 26 doveva costituire solo il primo passo. Come si è accennato infatti il fondo Notai antichi è solo uno dei dieci fondi che attualmente costituiscono il notarile genovese (e il cui numero è destinato ad aumentare con i prossimi versamenti).

2. I fondi notarili dell'Archivio di Stato di Genova

Può essere utile offrire a questo punto una breve panoramica di questi fondi:

Notai antichi: costituisce il nucleo principale del notarile genovese. Vi sono raccolti gli atti privati provenienti dall’antico archivio del Collegio dei notai cittadini dal 1154 ai primi anni dell’Ottocento. È composto da circa 13.000 unità, di cui 593 registri in cui si conserva la documentazione sino alla fine del ‘300. Di questi, come abbiamo visto, i primi 343 sono dotati di inventari e indici analitici. Nello stesso inventario e sotto la stessa denominazione di Notai antichi a questo primo nucleo seguono tre aggiunte in cui, nel più totale disordine, spesso senza fornire neppure gli estremi cronologici, sono elencati altri 3500 pezzi circa, per la massima parte settecenteschi, frutto di successivi versamenti. In queste aggiunte non si è tenuto conto dello scorporo, operato invece nella prima parte, dei notai extra moenia e degli atti giudiziari.

Notai di Genova, 1a sezione: è formato da 3516 unità e raccoglie rogiti di notai cittadini dal 1534 al 1857. La documentazione fa quindi parte integrante dei Notai antichi ove non è confluita solo perché, ancora una volta, giunta con un successivo versamento, nel 1939. È dotato di inventario sommario.

Notai di Genova, 2a sezione: comprende, in 2516 pezzi, il versamento effettuato nel 1985 dall’Archivio notarile distrettuale di Genova. I registri, che vanno dagli ultimi anni del ‘700 al 1884, sono tuttora dotati del solo elenco di versamento.

Notai di Genova, 3a sezione: comprende 2887 pezzi, dal 1830 al 1902, versati nel 2009 dall’Archivio notarile distrettuale e dotati di elenco di versamento.

Notai di Genova, 4a sezione: contiene il versamento del 2013, composto da 1209 unità con atti dal 1852 al 1918. Anch’esso è dotato di elenco di versamento.

Notai giudiziari: vi si trovano gli atti giudiziari, soprattutto dei tribunali civili, dei notai-cancellieri cittadini per il periodo dal 1377 ai primi dell’800, epoca a cui presumibilmente risale la costituzione del fondo. È il frutto di un intervento archivistico molto discutibile che ha spezzato il tradizionale ordinamento dell’archivio del Collegio in cui sotto il nome di un notaio era inventariato l’intero suo archivio, diviso nelle due serie degli atti privati e giudiziari (instrumenta e acta). Osserviamo, per inciso, che la stessa denominazione di notai giudiziari è fuorviante: non si tratta di altri notai che svolgevano esclusivamente mansioni cancelleresche, ma degli stessi notai che formano i Notai antichi e che, in maggioranza, svolgevano contemporaneamente sia la professione privata, sia le mansioni di cancelliere e che, per antica tradizione risalente al medioevo, conservavano le carte dell’ufficio[15]. È costituito da circa 4000 pezzi e dotato di un inventario sommario e approssimativo (contemporaneo alla Pandetta 26), ordinato per notaio e privo di indice per magistratura.

Notai ignoti: è formato da circa 640 unità e comprende frammenti di cartolari e filze notarili medievali a partire dal XII secolo, atti privati, giudiziari e rubriche di notai non identificati di Età moderna e, soprattutto, l’intero archivio proprio del Collegio dei notai di Genova (con documentazione da metà Quattrocento a inizio Ottocento)[16]. Le prime 99 buste, ove è raccolto il grosso dei frammenti medievali, sono dotate di inventario analitico redatto da Marco Bologna e pubblicato nel 1988[17]. Il resto si può dire manchi di qualsiasi strumento di corredo[18].

Notai della Val Polcevera: raccoglie parte della documentazione prodotta dai notai extra moenia dell’immediato Ponente genovese dal 1526 al 1851. È formato da 1766 pezzi versati dall’Ufficio del Registro di Sampierdarena nel 1909.

Notai di Sestri Ponente: è costituito da 171 unità che contengono i rogiti dei notai operanti nell’antico capitaneato di Sestri Ponente tra il 1451 e il 1790. Non è compreso nell’inventario dei Notai della Val Polcevera, di cui queste carte fanno parte a tutti gli effetti, semplicemente perché giunto all’Archivio di Stato di Genova con un versamento successivo (nel 1966).

Notai di Chiavari: è uno splendido fondo di 11.482 unità che raccoglie l’intera documentazione prodotta dai notai operanti nel Levante genovese, e in particolare nel litorale e nell’entroterra chiavarese (Val Fontanabuona) dal 1345 sino alla fine dell’800, poi confluiti nel cessato Archivio notarile distrettuale di Chiavari. Nonostante una recente ricognizione che ha permesso la redazione di un indice informatizzato, premessa indispensabile per qualsiasi più approfondito intervento archivistico, non può dirsi dotato di alcun inventario, tanto farraginosi e imprecisi sono gli antichi mezzi di corredo.

3. Il progetto di inventariazione

Di fronte a questa situazione si pensava di trasferire su un unico supporto digitale gli strumenti di consultazione di tutti questi fondi, non solo per offrire ai ricercatori uno strumento che desse una panoramica completa di tutto il notarile, ma perché la documentazione è strettamente intersecata e talvolta addirittura le unità di uno stesso notaio sono disperse in più fondi: basti osservare l’intima connessione tra Notai antichi, Notai ignoti, Notai giudiziari e Notai di Genova, 1a sezione, o a quella tra Notai della Val Polcevera e Notai di Sestri Ponente. Uno strumento che, ovviamente, desse anche la possibilità di ricerca selettiva per ciascun fondo. Purtroppo di questo progetto nel 2001 si riuscì a completare solo l’immissione dei Notai antichi, giudiziari ed ignoti, e il lavoro non è più stato proseguito. Si riuscì però, per i Notai antichi e ignoti, a riversare i dati degli inventari analitici di Costamagna e di Bologna, anche se questa parte necessita di un’accurata revisione.

Dicevamo che parve giunto il tempo di portare finalmente a compimento l’opera di Costamagna e di Bologna. Purtroppo la grave carenza di personale scientifico di cui l’Archivio di Stato di Genova soffriva non consentiva l’avvio di operazioni di così vasto respiro (che richiedevano l’impiego di più persone a tempo pieno) che poggiassero sulle sole forze interne. Su suggerimento del dott. Antonio Dentoni Litta, allora direttore del Servizio II presso la Direzione generale del Ministero[19], si ricorse così al metodo della convenzione con un ente esterno e, sempre su suo consiglio, fu individuata la Società Ligure di Storia Patria (che già aveva svolto importanti lavori con la Direzione generale) come partner che avrebbe ottenuto il finanziamento ministeriale e si sarebbe fatta carico dell’assunzione e della gestione del personale esterno necessario.

Nell’agosto 2001, con la convinta approvazione della Direttrice dell’Archivio di Stato, dott. Paola Caroli a cui va tutta la mia riconoscenza per aver offerto sempre il suo sostegno e la sua partecipe adesione, redassi il progetto, che fu trasmesso alla Società il cui Presidente, prof. Dino Puncuh, non solo lo approvò ma lo dotò di un comitato scientifico e poi ha personalmente vigilato sul lavoro e lo ha seguito senza mai far mancare i suoi suggerimenti. Il progetto fu così presentato nel settembre 2001 alla Direzione generale che a sua volta lo approvò nel marzo 2002. Il 1° maggio 2002 la convenzione divenne esecutiva: aveva la durata di 2 anni, fino al 30.04.2004, e prevedeva l’assunzione di due unità di personale per la schedatura. La scelta cadde su Maria Grazia Alvaro e Claudia Cerioli, due delle migliori allieve della Scuola di Archivistica, Paleografia e Diplomatica che già collaboravano con l’Archivio di Stato per l’informatizzazione e revisione della Pandetta 26.

Si trattava di un lavoro di una difficoltà estrema, dovuta soprattutto al fatto che fino alla fine del Quattrocento il notaio genovese non sottoscrive le singole imbreviature ma si limita a porre il proprio nome sul frontespizio del registro, andato peraltro quasi sempre perduto. Per risalire all’autore degli atti bisognava quindi svolgere un paziente lavoro di ricerca che è stato ben illustrato dallo stesso Giorgio Costamagna e poi da Marco Bologna[20]. Si trattava di esaminare ogni singolo atto alla ricerca di luoghi in cui il notaio si nominava, cosa che accade relativamente di frequente ma purtroppo nella maggior parte dei casi con la formula inutilizzabile per me notarium infrascriptum. Partendo dalle attribuzioni certe si dovevano poi analizzare con intelligenza e acume tutti gli elementi intrinseci ed estrinseci presenti nei singoli frammenti, dalla grafia al signum crucis e al modo di tracciare la lettera iniziale dell’atto, dalla cartulazione, quando è originale, al sito di rogazione, e poi dal tipo di carta alle sue dimensioni e soprattutto ai guasti: fori, buchi di tarli, macchie di umidità, sfrangiature dei margini si sono rivelati molto utili per ricostruire le sequenze dei fascicoli. E ancora, si dovevano esaminare il modo di separare gli atti, la data perché spesso vi è una precisa sequenza temporale tra i vari frammenti e soprattutto le modalità di datazione spesso tipiche di ciascun notaio, i nomi dei testimoni ed anche dei contraenti, le citazioni di atti precedenti dello stesso notaio o di altri. Si è ricorso infine, per la prima volta, ad un uso sistematico, rivelatosi molto utile, della cosiddetta Pandetta combustorum, il più ampio e analitico inventario pervenutoci dell’archivio del Collegio dei notai, databile al primo Seicento e quindi precedente al bombardamento francese[21].

Trattandosi della prosecuzione di un lavoro già iniziato le linee guida non potevano che ricalcare quelle già tracciate da Costamagna e Bologna. Il progetto prevedeva quindi:

  • L’inventario analitico per unità, comprendente l’identificazione del reale rogatario di ogni singolo frammento, la sua collocazione con l’indicazione delle carte iniziali e terminali, gli estremi cronologici esatti, il luogo e il sito di rogazione.
  • L’inventario per nome di notaio, con la ricostruzione virtuale, in ordine cronologico, di tutti i frammenti a lui attribuiti.
  • L’indice per luogo.
  • L’indice per anno.

Rispetto all’inventario di Costamagna sono stati poi introdotti ulteriori elementi ritenuti essenziali e che sono in parte già compresi nel secondo volume di Marco Bologna[22]:

  • l’individuazione della natura, privata o giudiziaria, degli atti e, nel secondo caso, l’indicazione della magistratura e, se possibile, del nome e provenienza del magistrato[23]. La redazione di apposito indice per magistratura;
  • l’individuazione del tipo di documento dal punto di vista della tradizione (notula o imbreviatura);
  • la segnalazione di allegati particolarmente significativi: pergamene, originali di atti notarili esteri, mandati per l’estrazione di copie ecc.

4. La scheda descrittiva

Su questa base ho elaborato il modello di scheda che è stato trasferito su un software appositamente creato dall’ing. Adriano Chiavacci su base Access. La scheda è suddivisa in due sezioni: la prima destinata ad ospitare i dati relativi all’unità archivistica e quindi a costituire la base della nuova Pandetta 26, la seconda dedicata alla descrizione dei singoli frammenti nell’inventariazione analitica.

La prima sezione è piuttosto complessa e può apparire ridondante perché, trattandosi di uno strumento pensato per ospitare tutti i fondi notarili e quindi unità di diversa natura dislocate su un arco di tempo molto ampio, dal medioevo ai primi del Novecento, con profondi mutamenti nella terminologia e nella prassi notarile, cercava di rispondere a tutte le esigenze. Naturalmente non tutti i campi dovevano essere compilati, soprattutto in fase di inventariazione analitica in cui molti dati potevano e dovevano essere rilevati solo nella seconda sezione (dove sono ripetuti) perché specifici di ogni singolo frammento.

I campi della prima sezione sono:

  1. Fondo
  2. Numero dell’unità: è relativo al singolo fondo. Non è previsto un numero generale comprensivo di tutti i fondi.
  3. Numero vecchio: riporta il numero dell’unità riscontrato nello strumento di corredo in uso (per es. la Pandetta 26). Nell’inventariazione analitica delle filze quattrocentesche è servito quando spezzoni di unità diverse erano stati condizionati in una sola unità fittizia che è stata scomposta in I, II ecc. Sarà poi indispensabile se si dovesse procedere a una rinumerazione eliminando i I e II e i numerosissimi Bis e Ter già presenti prima dell’inventariazione.
  4. Scansia: si tratta del numero del ripiano su cui erano collocate le unità e che per tutto l’Ottocento e la prima metà del Novecento fu un elemento usato per la citazione dei Notai antichi (e quindi può essere utile per il reperimento dei pezzi dalle vecchie citazioni).
  5. Notaio: contiene il nome italianizzato come si trova nella Pandetta 26 per facilitare la ricerca delle precedenti citazioni.
  6. Altri notai: è un campo fondamentale per il periodo medievale perché ospita i reali rogatari degli atti contenuti nelle unità descritti poi dettagliatameente nella seconda sezione.
  7. Intitolazione originale
  8. Data iniziale / Data finale espresse, come da norme, secondo il sistema moderno mentre lo stile della natività in uso presso tutti i notai genovesi medievali è indicato nel caso in cui la data sia stata normalizzata.
  9. Luoghi: ospita la datazione topica. In pratica è stato compilato solo quando diverso da Genova.
  10. Sito: nella prima sezione non è stato compilato perché specifico di ogni singolo frammento.
  11. Natura atti: si riferisce al contenuto giuridico (privati, giudiziari, atti di cancelleria).
  12. Denominazione: contiene la denominazione antica del campo precedente (instrumenta, acta, instrumenta et acta per le unità miste).
  13. Tipologia: indica diplomatisticamente la traditio (imbreviature, notule, originali).
  14. Contenuto: atti tra vivi, testamenti, estimi, pandette, altro.
  15. Ufficio: ospita il nome della magistratura per la quale sono redatti gli acta.
  16. Natura: indica il tipo di unità (cartolare, filza, manuale, registro, minutario).
  17. Consistenza: può essere espressa in carte (per i registri) o in documenti (per le filze).
  18. Numerazione originale: anch’essa esprimibile in carte o in documenti. In realtà in questo campo è ricompresa non solo la vera numerazione originale posta dal notaio, ma, ove mancante, anche la numerazione, apposta solitamente in età moderna o ad inizio Ottocento che si è ritrovata nelle unità e ove anche questa mancasse la nuova numerazione apposta dallo schedatore. La numerazione è analitica segnalando i salti, i numeri doppi e rinumerando le carte bianche non numerate in numeri arabi seguiti da un apice (es. 1-21, 23-58, 1’, 59-76, 76 bis, 77-121, 2’).
  19. Misure: espresse in millimetri (le misure non erano indicate nei precedenti inventari).
  20. Copertina: cartone, pergamena.
  21. Stato di conservazione: indicato con quattro aggettivi: buono, discreto, cattivo, pessimo.
  22. Guasti: deve ospitare una sintetica descrizione della tipologia dei guasti, ma non è stato compilato.
  23. Seguono tre campi da spuntare per rilevare la presenza di: Rubrica, Repertorio, Indice.
  24. Allegati: sono identificati da una lettera dell’alfabeto maiuscola seguita dall’indicazione delle carte o del documento al quale si riferiscono.
  25. Infine un campo Note per segnalare documenti di particolare rilevanza, ma è stato usato anche per indicare i documenti collocati in appendice (perché non riconducibili ad un documento preciso e quindi non classificabili come allegati), per segnalare anomalie o particolarità e per illustrare il motivo di determinate scelte di riordinamento.

La seconda sezione è composta da una sequenza di campi per ogni frammento e contiene:

  • la carta iniziale e terminale di ogni frammento;
  • un apposito campo per la numerazione originale apposta dal notaio (normalmente in numeri romani) che è elemento decisivo per la ricostruzione virtuale dei cartolari;
  • il nome del notaio in latino, riportato esattamente come riscontrato negli atti in cui si nomina con l’eventuale secondo nome posto in genitivo come patronimico (es. Manuel Aymerici de Levanto; Leonardus Petri spaerii de Clavaro);
  • le date croniche iniziale e finale del frammento espresse come nella prima sezione;
  • la data topica del luogo (sempre indicata);
  • il sito, che indica il luogo preciso di rogazione, sempre presente nei notai medievali (per es. extra portam Sancti Andree ad banchum). È stato rilevato il sito che costituiva la sede abituale del notaio (il suo banco o la sua residenza). Nel caso non sia stato possibile rilevarlo o il notaio si sposti continuamente si sono usate le espressioni non significativo o varia;
  • infine i tre campi Natura atti, Denominazione, e Tipologia di cui solitamente è stato compilato il solo Denominazione (instrumenta, acta).

Come ha già spiegato Marco Bologna la variazione anche di uno solo di questi elementi, ad eccezione della data topica e del sito, interrompeva la continuità e costringeva a compilare una nuova scheda.

5. Lo sviluppo del progetto

Grazie alla prima convenzione, nella primavera del 2004 fu completata la schedatura analitica dei cartolari notarili medievali nn. 300 – 515 per un totale, come si è detto, di 250 unità portando così a termine il lavoro iniziato da Costamagna e da Bologna con l’inventariazione di tutte le 593 unità che formano i “cartolari notarili medievali”. L’opera tuttavia non poteva ancora dirsi compiuta: i disordini che abbiamo descritto per i cartolari non cessano, ma anzi si aggravano quando, all’inizio del XV secolo, il notaio genovese smette di utilizzare il registro ed inizia a conservare le imbreviature in filze, cioè a redigere gli atti su fogli sciolti piegati a formare due carte a loro volta ripiegate in senso longitudinale e raccolti per mezzo di uno spago munito di puntale metallico passante attraverso un foro praticato al centro della mezza carta. Se si voleva mettere un punto fermo bisognava arrivare almeno fino alla fine del Quattrocento, non tanto per inventariare tutto il notarile medievale rispettando la cesura storiografica tradizionale, ma perché è solo allora che finalmente i notai genovesi iniziano a sottoscrivere le imbreviature: da lì in poi cade il compito primario che Costamagna si era dato di identificare i reali rogatari e l’inventariazione può proseguire su sentieri più agevoli e meno analitici.

Almeno un paio di considerazioni rendevano, a mio avviso, indispensabile la prosecuzione dell'opera: il fatto che fosse contraddistinta da una totale omogeneità di problematiche archivistiche, sia riguardo al riordinamento sia riguardo all'identificazione del notaio e lo stato di disordine che fa sì che carte di uno stesso notaio si trovino dislocate in unità appartenenti sia alla serie dei cartolari che a quella delle filze. Un solo esempio, tra i molti: un notaio famoso come Branca Bagnara ha i suoi atti dislocati nei cartolari 507-512 e nelle filze 648-668. La sospensione del lavoro avrebbe quindi vanificato gli sforzi fatti e disperso il patrimonio di conoscenze e di competenze accumulato dal gruppo di lavoro.

Per raggiungere questo obiettivo però si dovevano affrontare difficoltà ancora superiori rispetto ai cartolari dovute a molteplici ragioni:

  • Il gravissimo stato di disordine e spesso il cattivo stato di conservazione in cui versano soprattutto le unità della prima metà del secolo: l'agitatissimo Quattrocento genovese con le devastazioni conseguenti alle lotte civili cui si è già accennato, con i mutamenti istituzionali come il passaggio, tutt'altro che indolore, dell'archivio sotto l'esclusivo controllo del Collegio dei notai, con i ripetuti trasferimenti di sede non ha mancato di lasciare ferite profonde nelle carte. E dopo tutto ciò il ben noto bombardamento francese del 1684.
  • La natura delle unità: con l'abbandono del cartolare e l’uso delle carte sciolte cade anche quel minimo di omogeneità che il registro garantiva almeno all’interno del fascicolo e i problemi di identificazione si spostano a livello del singolo documento. L'incuria o la semplice distrazione di generazioni di studiosi hanno inoltre aggiunto ai guasti "storici" ulteriori, più moderni disordini.
  • La quantità stessa della documentazione: sono infatti ben 1032 le filze quattrocentesche, intendendo quelle appartenenti a notai che iniziano a rogare entro l'anno 1500 e occupano nel fondo Notai antichi i numeri dal 516 al 1470 (compresi 77 numeri bis).

Solo la convinta adesione di Dino Puncuh, la fiducia di Paola Caroli e la determinazione di Antonio Dentoni Litta hanno permesso che il lavoro potesse avviarsi, ancora col metodo della convenzione, ancora con la collaborazione della Società ligure di Storia patria. Già nell’estate del 2003 avevo redatto il secondo progetto relativo alle filze quattrocentesche che in ottobre fu trasmesso alla Società che a sua volta lo inoltrò alla Direzione generale del Ministero. Approvato nel settembre 2005 divenne esecutivo dall’ottobre dello stesso anno. Il finanziamento fu ingente e consentì l’attivazione di 4 contratti di collaborazione per la durata di ben 4 anni con la previsione di effettuare la schedatura analitica di circa 600 unità. Vi hanno collaborato Maria Grazia Alvaro, Maddalena Giordano, Francesca Mambrini, Alessandra Rebosio e Valentina Ruzzin.

Il progetto non si discostava dal precedente e prevedeva:

  • l'inventario analitico per unità, comprendente l'identificazione del reale rogatario di ogni singolo documento, il riordinamento fisico delle carte riunendo e disponendo in ordine cronologico quelle appartenenti a ciascun notaio in modo da ricostituire il frammento, la numerazione o rinumerazione, ove necessario, dei documenti, gli estremi cronologici esatti di ciascun gruppo di atti, l'individuazione del luogo e del sito di rogazione. Sarebbe stata inoltre individuata la natura, privata o giudiziaria, degli atti e, nel secondo caso, si sarebbe data l’indicazione della magistratura. Infine sarebbero stati segnalati gli allegati particolarmente significativi (pergamene, originali di atti notarili esteri, ecc.);
  • l’inventario per nome di notaio;
  • gli indici per luogo, per anno e per magistratura.

Per la schedatura fu utilizzata, con opportuni miglioramenti, la scheda informatica già elaborata dall’ing. Adriano Chiavacci.

La novità più importante rispetto al primo progetto consisteva nel riordinamento fisico, non più solo virtuale delle carte. L’abbandono del registro faceva cadere la condizione ostativa agli spostamenti e nulla impediva il rispetto di quei principi fondamentali dell’archivistica che prescrivono il riordinamento come condizione imprescindibile per l’inventariazione. Sulla base delle informazioni e degli indizi disponibili, di tipo archivistico, diplomatistico e codicologico e sulla base della Pandetta combustorum si è cercato di ricostruire il più possibile le unità originarie. Il riordinamento ha rappresentato il grosso del lavoro: laddove in un’unità di conservazione si rinvenivano più unità archivistiche queste venivano separate e contraddistinte dal numero della filza seguito da /I, II ecc.[24]. I documenti appartenenti ad una stessa unità sono stati ovviamente riordinati in ordine cronologico. Quando si sono trovati gruppi di documenti appartenenti ad altre unità dello stesso notaio (per es. perché di anni diversi) questi sono stati spostati nelle unità di appartenenza senza segnalarlo, confidando nel fatto che il documento notarile è normalmente citato attraverso la data. Quando invece gruppi di documenti sono stati attribuiti ad altri notai sono stati spostati nelle unità di appartenenza, ma per garantire la reperibilità delle citazioni precedenti è stata compilata un’apposita tabella di raffronto attualmente disponibile sul server dell’Archivio in un data base di Access denominato Tabella spostamenti.

Per quanto riguarda la numerazione interna si è optato per la numerazione per documento e non per carta che, oltre a presentare maggiori difficoltà, è stata giudicata meno rispondente a rappresentare la reale consistenza di una unità. Ma soprattutto perché la numerazione per documento era quella adottata dai notai nelle filze dotate di numerazione originale. Nonostante ciò la numerazione ha rappresentato un problema complesso per la molteplicità e non omogeneità del formato. Normalmente un documento occupa un singolo foglio (o una parte: per es. una carta o una mezza carta) e quindi in tutti questi casi la numerazione per documento equivale a quella per foglio, ma talvolta accade che un documento particolarmente lungo sia redatto su più fogli ripiegati insieme: in questo caso al documento è attribuito un numero unico. Quando invece su uno stesso foglio trovano posto più documenti, anche in questo caso è stato attribuito un unico numero. In pratica, quando un documento è redatto su più fogli prevale la numerazione per documento. Quando invece su un foglio vi sono più documenti prevale la numerazione per foglio. La numerazione originale è stata lasciata sempre, anche quando non corrisponde esattamente all’ordine cronologico, coincidendo con l’ordine che il notaio aveva dato ai documenti. La numerazione moderna, databile al XVIII o XIX secolo, è stata lasciata quando rispetta almeno sostanzialmente l’ordine cronologico. In caso contrario, la filza è stata rinumerata. I documenti non numerati in filze numerate sono stati inseriti nella successione cronologica con il numero del documento che lo precede seguito da lettere minuscole a, b, c. I documenti non databili, ma riconosciuti come appartenenti all’unità, sono stati collocati dopo l’ultimo documento con un numero progressivo. Tutte le scritture classificate come allegati (per es. notule, scritture di altri notai, estimi, inventari, conti, lettere, estratti da registri contabili ecc.) hanno assunto il numero del documento a cui appartengono seguito da una lettera maiuscola A, B, C. Quando non si è riusciti a ricondurle ad un documento sono state collocate in fondo alla filza in appendice, senza numero, identificate da sole lettere maiuscole.

Quando nell’ottobre del 2009 la convenzione giunse a scadenza la crisi economica e i drastici tagli alle spese dei Ministeri avevano cominciato a mordere. La Direzione generale riuscì tuttavia ad attivare alla fine di novembre un’ulteriore piccola convenzione con la Società ligure di Storia patria che consentiva di prolungare il lavoro per un anno con una sola unità di personale esterno: fu scelta Maria Grazia Alvaro, l’unica ad aver collaborato a tutte le fasi della ricerca.

In sostanza, tra il 2005 e il 2010 furono inventariate circa 600 unità di conservazione toccando sulla Pandetta 26 il n. 1127, sia pure con qualche lacuna e alcuni pezzi rimasti in sospeso o in fase di lavorazione.

Dopo il 2010 la Direzione generale non riuscì più ad attivare alcuna convenzione e il progetto fu interrotto, non definitivamente però: dopo alcuni tentativi infruttuosi ci vennero in soccorso il Centro studi per la storia del notariato genovese “Giorgio Costamagna” e la sensibilità del suo Presidente, notaio Luigi Castello e del Segretario, notaio Carlo Carosi. Con l’intervento, determinante, della dott. Paola Caroli, nel marzo 2012 il Centro ottenne un finanziamento dalla Compagnia di San Paolo subordinato però al reperimento di un’analoga somma che fu garantita dalla Direzione generale del Ministero. Così nel settembre 2012 il lavoro potè riprendere: il progetto, ancora una volta elaborato da me, originariamente prevedeva la schedatura di 140 unità con l’attivazione di 3 contratti (vi hanno collaborato Maria Grazia Alvaro, Valentina Ruzzin e Alessandra Rebosio) ma ulteriori traversie hanno prodotto una nuova sospensione e portato ad una riduzione del finanziamento ministeriale con conseguente diminuzione del numero delle unità inventariate. L’ultima ripresa è avvenuta nel maggio 2014 e si è conclusa il 31 dicembre dello stesso anno con la schedatura di ulteriori 116 unità.

Complessivamente con tutti i progetti dal 2002 al 2014 sono state schedate 1381 unità archivistiche di cui 250 cartolari e 1131 filze[25] raggiungendo sulla Pandetta 26 il n. 1225 bis. Per toccare il n. 1470, individuato come termine definitivo del progetto, mancano quindi circa 250 unità di conservazione.

Purtroppo non è questa l’unica criticità: l’inventario che qui presentiamo è ancora del tutto provvisorio. Mancano una revisione generale delle schede, indispensabile, e il completamento di alcune unità mancanti o in sospeso, sia tra i cartolari (28) che tra le filze (59). Si tratta di unità che, a causa di gravi difficoltà di riordinamento non ancora risolte o del pessimo stato di conservazione, sono ancora in fase di elaborazione. Le serie relative ai notai Nicolò Garumbero e Ambrogio Garumbero, per esempio, necessitano di un radicale riordinamento fisico a causa dell’estremo disordine: in ciascuna delle 34 filze di questi due notai si trovano mescolate imbreviature di ben cinque rogatari. La questione relativa alla conservazione appare invece quasi insormontabile per la serie del notaio Antonio Fazio, poiché il supporto è talmente fragile e deteriorato da rendere sconsigliabile perfino l’apertura delle filze.

6. Il riversamento dei dati in Arianna3 e AriannaWeb

Nel maggio 2014 per venire incontro all’esigenza di mettere l’inventario on-line l’Archivio di Stato decise di affidare alla società Hyperborea il riversamento dei dati sul programma Arianna 3 e Arianna Web senza tuttavia rinunciare alla conservazione del database Access originario che rimane disponibile presso la sede dell’Archivio di Stato per chiunque volesse consultarlo.

Il nuovo database veicolato online tramite Arianna Web segue il tracciato informativo previsto in modo standardizzato dal sistema e fedelmente ricalcato sul General International Standard for Archival Description (ISAD (G)). Questo trasferimento ha necessariamente comportato un adattamento del tracciato d’origine a quello di destinazione.

La originaria separazione tra schede di primo e secondo livello è gestita dal sistema attraverso la consueta strutturazione ad albero rovesciato che permette l’adozione di un solo tracciato descrittivo valido tanto per le unità archivistiche quanto per i singoli frammenti. I campi di ciascuna scheda sono suddivisi in aree omogenee conformi allo standard. Per ovvie ragioni si omette di descrivere i campi del tracciato di destinazione che non sono stati interessati dal riversamento.

Nell’Area dell’identificazione sono confluite le informazioni precedentemente registrate nei campi Numero dell’unità (n. 2 del precedente elenco), Scansia (n. 4), Data iniziale / Data finale(n. 8), Consistenza (n. 17), Numerazione originale (n. 18), Misure (n. 19), Copertina (n. 20), Allegati (n. 24).

Nell’Area delle informazioni relative al contenuto e alla struttura sono confluite le informazioni di cui ai campi Natura atti, Denominazione, Tipologia, Contenuto (nn. 11-14) oltre alle voci d’indice costituite a partire dai campi Notaio (n. 5), Luoghi (n. 9), Sito (n. 10), Ufficio (n. 15).

Nell’Area dell’accesso e dell’utilizzazione sono infine state trasferite le informazioni già espresse nel campo Stato di conservazione (n. 21) e in quelli relativi agli strumenti di ricerca interni: Rubrica, Repertorio, Indice (n. 23).

Allo stato attuale il sistema risulta complessivamente fruibile e adatto a risolvere la maggior parte delle esigenze dell’utenza, tuttavia presenta alcune caratteristiche che andranno auspicabilmente corrette: oltre alle criticità di cui si è detto, ereditate dalla precedente banca dati, saranno particolarmente utili lo sviluppo di modalità di uscita dei dati conformi alle peculiarità del materiale descritto, specie per quanto concerne l’ordinamento dei frammenti, nonché l’integrazione della citata tabella di raffronto.

Un particolare ringraziamento a Maria Grazia Alvaro e a Stefano Gardini per l’amichevole aiuto prestatomi nella descrizione delle problematiche di schedatura e delle caratteristiche tecniche del sitema Arianna.

 

Alfonso Assini

Credits

Le schede relative alle unità 1-149 sono compilate sulla base delle attribuzioni effettuate da Giorgio Costamagna; quelle delle unità 150-299 sulla base di quelle effettuate da Marco Bologna. Le successive unità sono state riordinate e descritte da Maria Grazia Alvaro, Claudia Cerioli, Maddalena Giordano, Francesca Mambrini, Alessandra Rebosio, Valentina Ruzzin come di seguito dettagliato. Le descrizioni delle unità non citate sono state inserite a partire dalla già citata "Pandetta 26".

Maria Grazia Alvaro: 300, 304, 305/I, 305/II, 306, 309/I, 309/II, 310, 311, 312, 314, 318, 325/I, 325/II, 332/I, 332/II, 333, 334, 335, 340/I, 340/II, 341, 342, 343, 344, 345, 348/I, 348/II, 351/I, 351/II, 352, 353, 354/I, 354/II, 358/I, 358/II, 359, 360, 361, 362, 372, 373, 379, 380, 381, 382, 383, 387, 388, 389, 392, 393, 394, 396, 397, 398, 399, 400, 401, 405/I, 405/II, 407, 408, 409, 411, 412, 413/I, 413/II, 413/III, 414, 417, 418, 419, 420, 422, 423, 424, 425, 426, 427, 429, 431, 432, 433, 434, 436/I, 436/II, 437, 438, 468/I, 468/II, 469/I, 469/II, 470, 471, 472, 473, 474, 475, 476, 477, 479/I, 479/II, 480, 481, 482, 483, 484, 506, 507, 508, 509, 510, 511, 512, 524, 529, 532, 533, 537, 541/I, 541/II, 546, 547/I, 547/II, 549, 556/I, 556/II, 557, 563, 566, 573/I, 573/II, 604/I, 604/II, 605/I, 605/II, 606/I, 606/II, 609/I, 609/II, 610/I, 610/II, 610/III, 617 Bis, 623/I, 623/II, 623 Bis, 627 A, 635/I, 635/II, 636/I, 636/II, 637, 642, 643, 649/I, 649/II, 649/III, 649/IV, 649/V, 652/I, 652/II, 661/I, 661/II, 663, 664, 667, 674, 678, 680, 690/I, 690/II, 693, 693 Bis/I, 693 Bis/II, 699/I, 699/II, 703/I, 703/II, 713/I, 713/II, 723, 727, 730, 733, 736, 737, 742, 749, 750, 751, 755, 756, 760, 760 Bis, 763/I, 763/II, 772, 773, 774, 780, 783/I, 783/II, 790, 794, 796, 800, 804, 807, 812/I, 812/II, 818, 819, 821/I, 821/II, 825, 830, 831, 847/I, 847/II, 848/I, 848/II, 859, 861, 864, 866, 868/I, 868/II, 868 Bis, 879, 881/I, 881/II, 885, 892, 893/I, 893/II, 896, 897, 902, 911/I, 911/II, 912/I, 912/II, 913/I, 913/II, 914/I, 914/II, 915/I, 915/II, 920, 924, 928, 933, 934, 935, 938, 939, 940, 941, 941 Bis, 963, 965, 969, 972, 974, 975, 976, 979, 982, 992, 994, 995, 1000, 1004, 1016, 1021, 1023, 1024, 1025/I, 1025/II, 1033, 1034.

Claudia Cerioli: 301/I, 301/II, 302/I, 302/II, 303/I, 303/II, 307, 308, 315/I, 315/II, 316, 317, 319, 320, 321, 322/I, 322/II, 323, 324, 326, 327, 328, 329, 330, 331/I, 331/II, 331/III, 336, 337, 338, 339, 346, 347/I, 347/II, 349, 350, 355/I, 355/II, 356, 357, 363, 364, 365, 366/I, 366/II, 367, 368, 369/I, 369/II, 370, 371, 374, 375, 376, 377, 378/I, 378/II, 384, 385, 386, 390, 391, 395, 402, 403, 404/I, 404/II, 406, 410/I, 410/II, 441, 442, 443, 444, 445/I, 445/II, 446, 447, 448, 449, 450, 451, 452, 453, 454, 455, 456, 457, 458, 459/I, 459/II, 460, 461, 462, 463, 464, 465, 466, 467, 485, 486, 487, 488, 489, 490.

Maddalena Giordano: 607, 608/I, 608/II, 608/III, 615/I, 615/II, 615/III, 617, 624, 629, 640, 669/I, 669/II, 670/I, 670/II, 702/I, 702/II, 709/II, 714, 715/I, 715/II, 715/III, 715/IV, 716/I, 716/II, 717/I, 717/II, 718/I, 718/II, 719/I, 719/II, 719/III, 720, 746/I, 746/II, 747, 748, 752/I, 752/II, 753, 754, 758/I, 758/II, 768/I, 768/II, 775, 776, 840/I, 840/II, 842, 842 Bis, 843/I, 843/II, 857, 862, 863, 878/I, 878/II, 885 Bis/I, 885 Bis/II, 885 Bis/III, 900/I, 900/II, 903, 906/I, 906/II, 916, 917/I, 917/II, 918/I, 918/II, 919, 954, 957/I, 957/II, 962, 968, 989, 1003, 1007, 1008, 1008 Bis, 1022, 1026, 1035.

Francesca Mambrini: 517, 519, 523, 525, 531, 534, 538, 542, 554/I, 554/II, 561, 564/I, 564/II, 567, 568, 571/I, 571/II, 571/III, 596/I, 596/II, 600/I, 600/II, 601/I, 601/II, 602/I, 602/II, 614, 616 Bis, 622/I, 622/II, 633, 641, 648/I, 654/I, 654/II, 657/I, 657/II, 658/I, 658/II, 658/III, 662/I, 662/II, 665, 666/I, 666/II, 666/III, 675, 677, 679, 685/I, 685/II, 688/I, 688/II, 688/III, 692/I, 692/II, 700/I, 700/II, 705/I, 705/II, 705/III, 710/I, 710/II, 710/III, 711, 712, 724/I, 724/II, 729, 732/I, 732/II, 741, 757, 766, 769/I, 769/II, 769/III, 771/I, 771/II, 786, 789, 792, 797, 798/I, 798/II, 803, 808, 811, 816, 822/I, 822/II, 827/I, 827/II, 829, 830 Bis/I, 830 Bis/II, 834, 834 Bis, 835, 836, 837, 838, 839, 839 Bis/I, 839 Bis/II, 854/I, 854/II, 867, 869/I, 869/II, 870/I, 870/II, 873, 882/I, 882/II, 884/I, 884/II, 884/III, 894/I, 894/II, 907, 910/I, 910/II, 915 Bis, 930, 930 Bis/I, 930 Bis/II, 930 Ter, 977, 978, 980, 981, 983, 986, 986 Bis, 996, 1002, 1006/I, 1006/II.

Alessandra Rebosio: 516, 521/II, 521/III, 521/IV, 526, 530, 535, 540/I, 540/II, 544, 551, 555, 558, 560, 570/I, 570/II, 570/III, 621/I, 621/II, 621/III, 631, 632, 634/I, 634/II, 638, 639, 650/I, 650/II, 653/I, 653/II, 655/I, 655/II, 659/I, 659/II, 659/III, 659/IV, 668, 672, 673, 676, 683, 683 Bis, 687/I, 687/II, 687/III, 691/I, 691/II, 691/III, 698/I, 698/II, 701/I, 701/II, 701/III, 704/I, 704/II, 706, 761, 762/I, 762/II, 762/III, 762 Bis, 770, 777/I, 777/II, 778, 781, 791, 802, 806, 809, 810, 814, 820, 823/I, 823/II, 824/I, 824/II, 828/I, 828/II, 833/I, 833/II, 844 Bis/I, 844 Bis/II, 844/I, 844/II, 844/III, 844/IV, 844/V, 844/VI, 844/VII, 844/VIII, 849/I, 849/II, 849/III, 850/I, 850/II, 851/I, 851/II, 852, 853/I, 853/II, 855, 856/I, 856/II, 858, 865, 874/I, 874/II, 875, 883/I, 883/II, 888/I, 888/II, 889/I, 889/II, 890/I, 890/II, 891, 895, 901/I, 901/II, 921/II, 921/III, 922, 922 Bis, 924 Bis, 925, 926/I, 926/II, 927/I, 927/II, 927/III, 927/IV, 927/V, 927/VI, 927/VII, 927/VIII, 936, 937, 942, 943, 943 Bis, 943 Bis/II, 943 Bis/III, 949, 949 Bis, 951, 952, 953, 956/I, 956/II, 959/I, 959/II, 960/I, 960/II, 961/I, 961/II, 966, 985/I, 985/II, 987, 988, 990, 991, 993, 1017, 1018, 1019, 1020, 1028 B, 1028 C, 1028 D.

Valentina Ruzzin: 518, 522, 527, 528, 536, 539, 543/I, 543/II, 545/I, 545/II, 548, 550, 552/I, 552/II, 553/I, 553/II, 562, 565, 569, 572/I, 572/II, 574/I, 574/II, 597/I, 597/II, 598, 599, 603/I, 603/II, 611, 612/I, 612/II, 612/III, 613/I, 613/II, 613/III, 616, 618, 619/I, 619/II, 620/I, 620/II, 625/I, 625/II, 625/III, 626, 627/I, 627/II, 627/III, 628, 630, 644, 645, 646/I, 646/II, 647, 651/I, 651/II, 656/I, 656/II, 660/I, 660/II, 660/III, 671/I, 671/II, 671/III, 681, 682, 684/I, 684/II, 684/III, 686/I, 686/II, 686/III, 689/I, 689/II, 689/III, 696/I, 696/II, 697, 721/I, 721/II, 722/I, 722/II, 725/I, 725/II, 726, 728, 731, 734, 735, 738, 739, 740, 743/I, 743/II, 744, 745, 759, 764/I, 764/II, 764/III, 764/IV, 764/V, 764/VI, 765/I, 765/II, 767, 779/I, 779/II, 782, 784, 785, 787, 788, 793, 795, 799, 801, 805, 813, 815/I, 815/II, 817, 826/I, 826/II, 830 Ter/I, 830 Ter/II, 830 Ter/III, 832/I, 832/II, 832/III, 841/I, 841/II, 841 Bis/I, 841 Bis/II, 845/I, 845/II, 845/III, 846, 860, 867 Bis, 871/I, 871/II, 871/III, 872, 872 Bis, 876, 877, 880/I, 880/II, 887/I, 887/II, 898, 899, 904, 905, 908, 909, 914 Bis/I, 914 Bis/II, 923, 929/I, 929/II, 929 Bis/I, 929 Bis/II, 944/I, 944/II, 944/III, 944/IV, 944/V, 950/I, 950/II, 950 Bis, 955/I, 955/II, 958/I, 958/II, 964, 967, 970, 971, 973, 984, 985 Bis, 997, 998, 999, 1001, 1005, 1009, 1010/I, 1010/II, 1011/I, 1011/II, 1011/III, 1012/I, 1012/II, 1012/III, 1013, 1014, 1015, 1015 Bis, 1027, 1028, 1028 A, 1029, 1030, 1031, 1032.



[1]Archivio di Stato di Genova, Cartolari notarili genovesi (1–149). Inventario, volume primo - parte prima, [a cura di G. Costamagna], Roma, Ministero dell’Interno, 1956 (Pubblicazioni degli Archivi di Stato, XXII).

[2] Per evitare equivoci vale la pena ricordare la distinzione tra atti notarili ed archivi notarili. Di atti notarili assai più antichi di quelli custoditi nel nostro fondo se ne sono conservati moltissimi, a partire dall’VIII secolo, in vari Archivi di Stato italiani ed anche a Genova, ma si tratta di originali in pergamena che ci sono giunti attraverso gli archivi di destinazione (cioè gli archivi di uno dei contraenti) e non è un caso che si tratti quasi sempre di archivi di monasteri (quasi gli unici istituti con capacità di conservazione millenaria dei propri documenti). Perché si possa parlare di archivi notarili è necessario che si verifichino alcune condizioni: che il notaio cominci a conservare una redazione dei propri atti (imbreviature), e questo avviene solo a partire dalla metà circa del XII secolo col passaggio dalla charta all’instrumentum (v. G. Costamagna, La triplice redazione dell’instrumentum genovese, Genova, Società ligure di Storia patria, 1961); che sorga la consapevolezza politica, sociale, giuridica dell’ esigenza della conservazione di questi atti anche dopo la morte del notaio; che un’istituzione si faccia carico, organizzativo, logistico e finanziario di questa necessità. Tutto ciò accadde per la prima volta a Genova e quando accade muta completamente l’orizzonte storiografico: finalmente si può seguire un notaio giorno per giorno, in tutta la sua attività, con tutti i suoi clienti, in tutti i tipi di contratto e il notaio diventa una fonte primaria che incrocia ogni ambito della storiografia.

[3] R. Doehaerd, Les relations commerciales entre Gênes, la Belgique et l’Outremont d’après les Archives notariales Génoises aux XIIIe et XIVe siècles, Bruxelles – Rome, Institut Historique Belge de Rome, 1941, I, p. 5.

[4] Hinc publica fides. Il notaio genovese nella società medievale, CD-Rom a cura di Alfonso Assini, Archivio di Stato di Genova, 2004.

[5] Alle prime unità di questo fondo si riferisce l’inventario di Costamagna. In esso si raccoglie il grosso degli atti privati rogati dai notai genovesi fino all’inizio dell’Ottocento, ma il notarile genovese conta però ben altri nove fondi, per cui v. infra.

[6] Pandetta è il termine con cui, per antica tradizione risalente agli inizi dell’età moderna, all’Archivio di Stato di Genova si indicano tutti gli strumenti di corredo, ciascuno contrassegnato da un numero: il 26 è appunto quello dell’inventario del fondo Notai antichi.

[7] Sui lavori archivistici eseguiti sui notai all’inizio dell’Ottocento è utilissima la relazione riservata di Carlo Cuneo, ispettore sopra gli Archivi del Ducato di Genova al Ministro degli Interni del 28 ottobre 1832. Il documento è pubblicato in Strumenti e documenti per la storia degli archivi genovesi nel secolo XIX a cura di S. Gardini, Genova, Società ligure di Storia patria, 2016, pp. 127-132.

[8] Sul documento del 1492 v. G. Costamagna, Il notaio a Genova tra prestigio e potere, Roma, Consiglio nazionale del notariato, 1970, pp. 229-230; A. Assini, L’archivio del collegio notarile genovese e la conservazione degli atti tra Quattro e Cinquecento in Tra Siviglia e Genova: notaio, documento e commercio nell’età colombiana. Atti del convegno internazionale di studi storici per le celebrazioni colombiane, Genova 12-14 marzo 1992, a c. di V. Piergiovanni, Milano, Giuffrè, 1994, pp. 213-228 e pp. 565-567 per l’edizione del documento.

[9] Sul bombardamento francese del 1684 e sugli effetti che ebbe sull’archivio del Collegio dei notai v. M. Moresco - G.P. Bognetti, Per l’edizione dei notai liguri del secolo XII, Genova, R. Deputazione di storia patria per la Liguria, 1938, p. 24; Archivio di Stato di Genova, Cartolari notarili genovesi (1–149), cit., pp. XII–XIII; G. Costamagna, Il notaio a Genova…, cit., pp. 240–242; M. Bologna, 1684, maggio 17 - Le perdite dell’archivio del collegio dei notai genovesi, in “Atti della Società Ligure di Storia Patria”, n. s. XXIV.1, 1984, pp. 270–272; G. Costamagna, Il bombardamento e l’archivio del Venerabile Collegio dei Notai, in Il bombardamento di Genova del 1684. Atti della giornata di studio nel terzo centenario (Genova 21 giugno 1984), Genova, 1988, pp. 119–120; Archivio di Stato di Genova, Notai ignoti, Frammenti notarili medioevali. Inventario, a cura di M. Bologna, Roma, Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, 1988, (Pubblicazioni degli Archivi di Stato. Strumenti, CIV), pp. 12–18; Archivio di Stato di Genova, Cartolari notarili genovesi (150–299). Inventario, vol. secondo, a cura di M. Bologna, Roma, Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, 1990 (Pubblicazioni degli Archivi di Stato, Strumenti, CXI), pp. 14–15.

[10] Il documento, del 21 dicembre 1684, si trova in Notai ignoti, 195 ed è pubblicato da Marco Bologna in Archivio di Stato di Genova, Notai ignoti …, cit., p. 15.

[11] Ibid., p. 18.

[12] Ibid., p. 20.

[13] Archivio di Stato di Genova, Cartolari notarili genovesi (1–149). Inventario, volume primo - parte seconda, [a cura di G. Costamagna], Roma, Ministero dell’Interno, 1961 (Pubblicazioni degli Archivi di Stato, XLI).

[14] Archivio di Stato di Genova, Cartolari notarili genovesi (150–299), citato.

[15] Meglio sarebbe dunque denominare questo fondo Atti giudiziari dei notai.

[16] L’inventariazione dell’archivio del Collegio dei notai era prevista nel progetto sui cartolari notarili di cui ora parleremo. Ne è stata completata la schedatura a cura di Maddalena Giordano.

[17] Archivio di Stato di Genova, Notai ignoti …, citato.

[18] Per la composizione esatta di questo fondo v. ibid., p. 21.

[19] A lui va il mio più sincero ringraziamento per l’attenzione e benevolenza mostrata e per il contributo decisivo dato alla realizzazione del progetto.

[20] cfr. le introduzioni dei rispettivi inventari e in particolare Archivio di Stato di Genova, Notai ignoti …, cit., pp. 34-36.

[21] ASGe, Notai ignoti, Collegio dei notai, 148 «Index ante annum 1684». È nota come Pandetta combustorum dall’intitolazione posteriore, errata, posta sul piatto della coperta in pergamena.

[22] Bologna aveva migliorato sensibilmente la fruibilità dell’inventario grazie alla scelta, da noi mantenuta, di porre non solo gli estremi cronologici ma anche la datazione topica con luogo e sito di rogazione all’interno della scheda di ogni frammento in entrambi gli inventari per cartolare e per notaio.

[23] La magistratura era già indicata da Bologna ma non in modo evidente e comunque non con un campo specifico nella scheda (cfr. Archivio di Stato di Genova, Cartolari notarili genovesi (150-299) … cit., p. 21).

[24] Le denominazioni del tipo bis, ter ecc. sono state utilizzate quando, in fase di riordinamento, si dovevano inserire unità archivistiche tra altre unità già numerate. Le lettere dell’alfabeto che si riscontrano in alcune unità della Pandetta 26 sono state mantenute se già esistenti, ma non utilizzate se non in casi particolarissimi (per es. per inserire numerose unità in un complesso già ordinato).

[25] Il numero non corrisponde alle unità di conservzione perché, come si è detto, quando in una filza  si rinvenivano più unità archivistiche queste venivano separate.